Vargas
Llosa e gli Ebrei
Vargas Llosa antisemita?
Essere premio Nobel per la letteratura rappresenta la
grandezza, ma in Mario Vargas Llosa è più grande la sua vocazione democratica
contro il totalitarismo. Allora, perché ha recentemente assunto una posizione
così critica contro Israele, l’unico paese veramente democratico del Medio Oriente? Nella
sua recente cronaca, “I Giusti di Israele”, apparso in Spagna su El Pais il 26
giugno scorso, ha accusato gli ebrei d’essere la causa dei mali palestinesi.
La mia domanda è: perché la visione dello scrittore rimane così miope
nell’analisi del
conflitto ebraico-palestinese?
Vargas
Llosa certamente conosce tutte le complessità del conflitto, che non è altro
che una antinomia di fede e legge nell’antica Terra Promessa, attraverso i
pregiudizi inerenti e la geopolitica. Il problema umanitario e la
richiesta palestinese si sono evoluti dal momento della creazione dello stato
di Israele nel 1948, alla luce di un incontro fra sentimenti antisemiti
globali, sostenuti da due grandi nemici totalitari: il comunismo e l’Islam.
Vargas Llosa sa che lo Stato ebraico vive sotto la minaccia d’essere cancellato
dalla carta geografica, un altro Olocausto. Egli sa che i sogni nazisti sono ripresi,
che magnati come Soros impiegano molti fondi per danneggiare Israele.
L’approccio di Vargas Llosa dunque non affronta gli aspetti reali del problema
dell’infelicità palestinese. Come giudice di fatti storici, si schiera dalla
parte di coloro che sponsorizzano un Israele unilateralmente compassionevole,
senza prendere in considerazione la posizione terroristica dell’avversario,
istituzionalizzato in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza (sotto le bandiere
delle autonomie), e riluttante a negoziare le proposte per convivenza e pace
lanciate dei leader israeliani. L’equilibrio degli opposti non sembra essere
rilevante quando si tratta di pregiudizi politici e di propaganda; i civili
ebrei uccisi dalle bombe di Hamas non importano a nessuno. Né la povertà dei
palestinesi interessa ai leader miliardari di Hamas e Fatah, spreconi degli
aiuti internazionali. E nemmeno tutti i palestinesi sono contro Israele come
documenta Daniel Pipes in “L’inferno di Israele è migliore del paradiso di Arafat” (2005).
La verità è che lo scritto di Vargas ha provocato polemiche sulla stampa, con
accuse di “diffamazione”, di “visione elitaria ashkenazi”, di sfruttamento
dell’antisionismo internazionale.
Allora il grande scrittore ha optato per la “civiltà dello spettacolo” che lui
stesso ha denunciato? È diventato pro musulmano? Credo di no. Se esiste uno
scrittore illustre è lui. Non risulta che sia anti-giudaico. Il tema dei
giusti, trattato nel suo articolo, è il dispositivo che gli permette di
intellettualizzare una realtà su cui trarre i vantaggi politici, allineandosi
con un settore di intellettuali ebrei che sono in sintonia con lui, come David
Grossman e Amos Oz. Si può sospettare che dia credito volutamente a certi
argomenti radicali contro la salvaguardia di Israele e cerchi di evitare il
giudizio sul lato negativo della parte palestinese (la corruzione, il
terrorismo, profitti di guerra, le lotte fratricide). In questo senso, accetta
il mainstream dei sofismi della sinistra mondiale, la garanzia del politicamente corretto,
lo spirito delle Nazioni Unite: essere amico degli infelici palestinesi. Così,
per princioio, senza che la ragione, le bombe e la verità ci abbiano a che
fare. Il peggio di tutto tuttavia è che Vargas Llosa, che trasuda incoerenza,
dia valore e, a sua volta incoraggi, sentimenti e dottrine che continuano a
schierarsi contro l’esistenza del
popolo ebraico. E se di giusti si tratta, questa volta
Vargas Llosa non lo è.
Antonio Ramos
cubano-americano, è scrittore, architetto e giornalista
Vargas Llosa antisemita?
La verità è che lo scritto di Vargas ha provocato polemiche sulla stampa, con accuse di “diffamazione”, di “visione elitaria ashkenazi”, di sfruttamento dell’antisionismo internazionale.
Vargas LLosa y los judíos
A Nadine Shenkar
Por Antonio Ramos Zúñiga, escritor
Ser Premio Nobel de literatura es grandeza, pero en Mario
Vargas Llosa lo es más su vocación democrática contra el totalitarismo.
Entonces, ¿por qué recientemente ha asumido una posición tan crítica contra Israel , el único país realmente democrático del Medio Oriente. En su
reciente crónica, “Los Justos de Israel” (1), culpa a los judíos de los males
palestinos. Mi pregunta es por qué la visión del
literato se queda tan corta en el examen del
conflicto judío-palestino.
Vargas llosa sin duda conoce todo el intríngulis del conflicto, que no es
otro que una antinomia de la fe y el derecho en la antigua tierra prometida,
pasando por los prejuicios y la geopolítica inherentes. El problema humanitario
y la reivindicación palestina, ha evolucionado desde la creación del estado de Israel ,
en 1948, como la
excusa de choque de los sentimientos antisemitas globales, abanderados por dos
grandes enemigos totalitarios: el comunismo y el islamismo. Vargas Llosa sabe
que el estado hebreo vive bajo la amenaza de ser borrada del mapa, otro holocausto. Sabe que los sueños
nazis siguen reasumidos, que magnates como
Soros, gastan mucho dinero para dañar a Israel .
El enfoque de Vargas Llosa no aborda las reales aristas del problema de la
infelicidad palestina. Como fiscal de los hechos
históricos, se pone del lado de los que
auspician un Israel
unilateralmente compasivo, sin tomar en cuenta la postura terrorista del adversario establecido en Cisjordania y la franja de Gaza (autonomías) y
renuente a negociar las propuestas de coexistencia y paz de los líderes
israelíes. La fatalidad de los opuestos parece no ser relevante, cuando se
trata de parcialidad política y propaganda, los civiles hebreos asesinados por
las bombas de Hamas importan un carajo. Tampoco la pobreza de los palestinos
importa a sus líderes millonarios de Hamas y Fatah, despilfarradores
de la ayuda internacional. No todos los palestinos están en contra Israel (2)
Lo cierto es que el escrito de VLL ha provocado réplicas en
la prensa: le llaman “libelo”, lo acusan de “visión elitista
askenazí de izquierda”, o de beneficiarse del antisionismo internacional.
¿Acaso el gran escritor ha sido decantado por la “civilización del espectáculo” que él
mismo anunció? ¿Es pro musulmán? Creo que no. Si hay un escritor preclaro es
él. Que sepamos no es antijudío. El tema de los justos es el
artificio que le permite intelectualizar una realidad para sacarle lascas
políticas, alineado con un sector de intelectuales judíos que le simpatizan,
como David Grossman y Amos Oz. Es sospechoso que le de crédito a ciertos argumentos
radicales en contra de la salvaguarda israelí y evite enjuiciar el lado
negativo de la parte palestina (corrupción, terrorismo, negocio de la guerra,
luchas fratricidas). En este sentido asume una tendencia del sofisma de la izquierda mundial, el aval
de lo políticamente correcto, el espíritu de las Naciones Unidas: ser amigo de
los infelices palestinos. Así, sin que la razón, las bombas y la verdad tengan
que ver. Lo peor de todo es que Vargas Llosa, destilando inconsecuencia, le da
valor y a su vez anima los sentimientos y doctrinas que continúan enfilados en
contra de la existencia del pueblo judío. Y si de justos se trata,
esta vez Vargas Llosa no es un justo.
(1) Mario Vargas Llosa. “Los Justos de
Israel”. Artículo en: El País, España, 26 de junio de 2016.
(2) Daniel Pipes. “The hell of Israel is
better than the paradise of Arafat”. Daniel Pipes Middle
East Forum, 2005.
Antonio Ramos Zúñiga
Fundación
Arca-I, Milán, Italia.